Gavazzeni e Maranghi: l´opera ritrovata, no a stravolgimenti

3 NOVEMBRE 18 / La Nuova Sardegna

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di Monica De Murtas

SASSARI Si apre il sipario sul nuovo appuntamento della stagione lirica del De Carolis che porterà sul palcoscenico del Comunale il 9 e l'11 novembre una delle opere più amate dal pubblico sassarese "Rigoletto" di Giuseppe Verdi. Grande attesa anche per due nomi molto noti e apprezzati presenti in cartellone: Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi, che firmano la regia. La nuova coppia creativa della lirica italiana in due anni di sodalizio è giunta, con il "Rigoletto" in scena a Sassari (in coproduzione col Teatro Coccia di Novara), alla quarta produzione riscuotendo ad ogni appuntamento un ottimo consenso di pubblico e di critica.Amici da oltre vent'anni Gavazzeni e Maranghi provengono da una formazione e da esperienze professionali diverse, ma legate a una grande passione comune: l'opera lirica. Paolo Gavazzeni, nipote del grande direttore d'orchestra Gianandrea, è direttore artistico del canale televisivo Classica HD , di cui Maranghi è amministratore delegato, ed è stato direttore artistico della Scala e dell'Arena di Verona. Piero Maranghi proviene da una altrettanto nota discendenza milanese, il padre Vincenzo è stato amministratore delegato di Mediobanca, il regista è anche un editore e un imprenditore gastronomico.Da questo originale sodalizio artistico hanno preso forma le regie di "Aida" (2016), "Manon Lescaut" , "Delitto e dovere". Ora con "Rigoletto", già presentato con successo a Novara qualche settimana fa, prosegue un progetto mirato a riportare l'opera lirica all'attenzione di un pubblico sempre più ampio. «Se non mi avesse proposto Piero di lavorare insieme alla regia di un'opera io non l'avrei fatto mai - dichiara Gavazzeni -. Sono una persona che non ama buttarsi verso l'ignoto, analizzo, pondero con molta cautela le scelte, anche perché quando porti un nome come il mio ti senti di avere gli occhi del mondo puntati addosso. Per quanto possa essere una fortuna essere figlio d'arte, il nome può essere anche un peso con il quale devi imparare a convivere. Spesso bisogna faticare ancora di più degli altri per dimostrare di valere davvero di non rivestire un ruolo in quanto figlio o nipote di qualcuno».Tutti gli allestimenti curati da Gavazzeni e Maranghi si contraddistinguono per un ritorno all'opera nella sua versione classica, nel rispetto del lavoro dei compositori e dei librettisti. «Non siamo due registi che si sono uniti - dice Maranghi - ma due amici che provano a fare i registi e che portano nel teatro d'opera di oggi il loro punto di vista. Non vogliamo essere fraintesei né apparire supponenti. Abbiamo appena iniziato a fare questo mestiere entrambi all'alba dei 50 anni. La nostra esigenza è dettata dal grande amore che abbiamo per l'opera lirica. Crediamo che il teatro musicale abbia in sè, nella sua forma originale, una grande forza attrattivache deve essere liberata da tutte le sovrastrutture personalistiche che oggi la appesantiscono». «Il vero problema è che troppo spesso ormai nei teatri "La traviata" che va in scena - aggiunge Gavazzeni - non è più quella di Verdi ma di qualcun altro. I linguaggi visivi son cambiati è vero, ma credo che stravolgere l'opera non sia d'aiuto per fare arrivare ai giovani le storie di Rigoletto, Gilda, Violetta. Si rischia di far perdere a questi capolavori l'elemento del sogno, che è fondamentale per perdersi in una storia che affascina proprio perché racconta un modo diverso dal quotidiano».Il coinvolgimento personale è importante nel lavoro dei due artisti; molti concordano nel dire che i loro spettacoli "volano" e che pur nel solco della tradizione riescono ad avere un ritmo modernamente veloce. «Non siamo bravi noi, erano Verdi, Puccini e Rossini ad essere dei geni -dice Maranghi-. Noi mettiamo in scena ciò che hanno scritto loro seguiamo il binario tracciato. Non siamo contrari alle operazioni di attualizzazione, il problema è che troppe volte si riducono a una trovata, che viene poi smascherata dal libretto e dalla musica. E questo rende tutto antiteatrale, antimusicale, macchinoso».«La storia del "Rigoletto" è bellissima - aggiunge Gavazzeni -. A volte invidio chi non l'ha mai vista arriva in teatro e la scopre. Penso che per questo tipo di spettatore, per il ragazzo di 16 anni che viene a vedere "Rigoletto" per la prima volta, sia importante proporre l'opera come l' ha scritta Verdi e non ambientata magari ai tempi del nazismo. L'esigenza è quella di puntare ad essere classici e smettere di chiedersi come far diventare i classici contemporanei». Anche il "Rigoletto" in scena a Sassari punterà su un allestimento tradizionale, in cui l'obiettivo è fare emergere i vari risvolti della storia, i personaggi e la musica. «In ogni nostro lavoro cerchiamo di trasmettere un'atmosfera allo spettatore - conclude Gavazzeni - ma al tempo stesso di pulire, di asciugare, di portare scenografie al minimo indispensabile In questo "Rigoletto" vogliamo che l'attenzione sia sulla muisca di Verdi e sulle parole di Piave, ma puntiamo comunque anche sui costumi cinquecenteschi e sui colori. Rigoletto è l'opera dei contrasti, del chiarioscuro, della luce e delle tenebre, dei personaggi contradditorii. Per far emergere tutto questo in alcuni momenti la scena sparirà quasi del tutto, per lasciare spazio alla storia che si dipana sul palco e al messaggio che Verdi ha voluto lasciarci».

L'opera

Rigoletto

Rigoletto

Il melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave vide il suo debutto alla Fenice di Venezia nel 1851, dopo una genesi piuttosto travagliata a causa della censura austriaca che costrinse...

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